Una storia commovente e affascinante su una famiglia che nasce dall’abbandono e che mostra quanto sia sottile la linea che separa il bene dal male.
Tamara è una donna di 40 anni che soffre di un ritardo mentale che la spinge a comportarsi come una bambina che deve essere accudita in ogni istante. Dopo essere stata abbandonata da Paco, suo fratello e unico compagno di tutti i giorni, si ritrova ad affrontare la solitudine e la povertà. Nonostante tutto, cerca di proseguire nella sua routine quotidiana, tra passeggiate e lavoro, ma la sua vita viene presto stravolta dalla sua passione per le coccinelle, che la porta ad allontanarsi un po’ troppo dal quartiere in cui vive, smarrendosi in luoghi che non conosce. In questo girovagare per la città, si imbatte in una bambina tutta sola all’interno di un’edicola e, senza pensare troppo alle conseguenze, decide di portarla via con sé per prendersene cura.
Ben presto scoprirà però che accudire un neonato non è come possedere un giocattolo e che la vita da madre non fa proprio per lei. Così la signora Meche, una donna anziana che vive sola nello stesso quartiere, decide di aiutarla rimanendo inevitabilmente coinvolta emotivamente in questa faccenda.
Questo film, primo lungometraggio di Lucia Carreras, è colorato da toni cupi che riflettono la squallida vita di periferia, dove crimine e sporcizia sono all’ordine del giorno. La trama racconta la storia di queste due donne abbandonate alla loro solitudine e di come, grazie a questa bambina, entrambe riescano a ritrovare l’amore di una famiglia che hanno perduto, così come la forza per andare avanti e per affrontare i fantasmi del loro passato.
Tra Meche e Tamara si crea una sorta di rapporto madre-figlia che permette loro di vivere alcuni momenti di felicità riscoprendo affetti e sentimenti che da tempo avevano ormai perduto: Meche aveva bisogno di dare amore da quando i suoi figli se n’erano andati mentre Tamara aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei e che le volesse bene dopo la morte della madre e l’abbandono del fratello.
La trama, come lo “statuto” del cinema realista vuole, è il mezzo attraverso il quale si può mostrare la condizione socio-politica di un paese. La parabola di due donne volutamente emarginate e lasciate fuori dalla società, è una dichiarazione più politica che cinematografica.
In particolare la regista si concentra sugli ambienti e sui luoghi, come la casa della protagonista, uno spazio di una stanza con un bagno senza acqua corrente, e il chiosco traballante della signora Meche che, per continuare a lavorare, è costretta a pagare i poliziotti. La regista Lucia Carreras decide di accendere un faro su quelle zone di cui non si vuole mai parlare, dove abitano coloro di cui lo stato non vuole prendersi cura e che cerca volutamente di isolare.
Attraverso una fotografia davvero meravigliosa, il film descrive la periferia messicana e il mondo povero di Città del Messico. Il finale conclude commoventemente la vicenda con un atto inaspettato che fa scendere una lacrima a tutti gli spettatori che si sono ormai immedesimati nella vita delle due bravissime protagoniste. “Tamara y la catarina” è una pellicola che di certo non annoia e che merita sicuramente di essere vista.