“Requiem for Mrs. J” è un film diretto dal regista Bojan Vuletic che affronta il dramma della transizione economica nella Repubblica Serba, un evento che ha prosciugato completamente i risparmi di tutti i cittadini che hanno sempre lavorato onestamente e che, da un giorno all’altro, si sono ritrovati a corto di denaro.
Questa tragedia si intreccia con la storia di Gospodja J, ex impiegata amministrativa caduta in depressione dopo la morte del marito e dopo aver perso il lavoro perché colpita, anch’essa, da questa disgrazia. A simboleggiare la disperazione e la sofferenza interiore di questa donna, che ha ormai perso tutto, Vuletic descrive un appartamento dominato dal caos, talmente lurido e disordinato da far pensare che non venga pulito da anni. Un luogo malandato, malsano e logorato dal tempo, colpito da innumerevoli disgrazie e capace di esternare con assoluta franchezza il dolore e le difficoltà delle persone che vi abitano.
Gospodja vive qui con le sue figlie: quella maggiore che, dopo aver intrapreso una relazione con il ragazzo amato, scopre di essere rimasta incinta, e quella minore, indisciplinata e volgare, che sta attraversando un periodo burrascoso dell’adolescenza. La bambina, interpretata in maniera impeccabile da Danica Nedelijkovic, è emblematica di una generazione lasciata a morire da genitori incapaci di educarla e che non hanno a cuore la sua crescita. Su questo frangente il regista da vita a uno scontro generazionale mostrando come ciascuna di loro affronti il dolore della perdita e la condizione di povertà.
Le attrici, indipendentemente dalla loro età, hanno dato prova di sapersi calare nella parte, dando vita a personaggi complessi e logorati interiormente. La protagonista per esempio è così presa dallo sconforto che, non credendo più possibile un futuro migliore, programma di suicidarsi il giorno dell’anniversario della morte del marito, sperando di poter aggiungere alla lapide del coniuge la sua foto ed il suo nome così da essere sepolta insieme all’uomo che amava.
Il film si apre con Gospodja che pulisce una pistola, mettendo così subito in chiaro la natura di questo film e il suo progetto di suicidio. Tuttavia, prima di mettere in atto il suo piano, sa di dover sbrigare gli ultimi problemi burocratici-amministrativi e di dover risolvere le tensioni con le figlie, soprattutto con quella maggiore, interpretata da Jovana Gavrilovic, che, dalla morte del padre, ha raccolto nelle sue mani le redini di questa famiglia ormai allo sbaraglio prendendosi cura di tutti loro.
La pellicola mostra la desolazione e la povertà che la transizione economica ha portato e che, in un così radicale periodo di crisi, persino morire appare complicato. “Requiem for Mrs. J” è quindi un film che riesce, in 94 minuti, ad affrontare temi importanti come la lotta generazionale e l’elaborazione del lutto: da un lato, la protagonista che non riesce a superarlo e per tale motivo cade in depressione, e dall’altro, la figlia maggiore che cerca di andare avanti per il bene suo e di tutti coloro a cui vuole bene. Le due si scontrano e i ruoli si invertono: non è la madre a brontolare la figlia ma è la figlia che, stanca di doversi occupare di tutto, è ormai arrivata all’esasperazione per aver perso completamente la sua adolescenza. È un rapporto conflittuale molto complesso che ricorda un po’ quello tra Katniss Everdeen e sua madre in Hunger Games.
Il regista riesce a combinare le migliori tradizioni della black comedy serba con elementi della New Wave rumena giustapponendo il realismo della transizione con dei ricordi da incubo durante i quali la Signora J cammina nel sonno in un paio di scene quasi psichedeliche. Riesce inoltre a far funzionare tutto questo senza utilizzare una colonna sonora, inserendo qua e là profondi silenzi o soffici suoni di accompagnamento.
Ci sono molti dettagli evocativi legati ai personaggi secondari che entrano in azione per scene che completano il quadro di una società distrutta e paralizzata. Tutti, nessuno escluso, hanno perso qualcosa e questo il regista ce lo vuol mostrare. Per farlo utilizza inquadrature statiche e movimenti di macchinari ridotti al minimo che riflettono sia l’atmosfera fredda e innaturale che Gospodja ha creato intorno a sé sia la lentezza con cui i giorni proseguono, tutti uguali, tristi, soffocanti. Nonostante tutto, il film, simbolo di speranza per una vita migliore, presenta un epilogo positivo che segna la rinascita della protagonista attraverso il suo canto liberatorio che ci accompagna verso i titoli di coda.