“Benedetta Follia” di Verdone: tra suore e spogliarelliste

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“Volevi girare il mondo e non sei arrivato neanche a Torvaianica. Cerca di vivere e non di esistere”

Con un mondo a cavallo tra il sacro e il profano, tra sacerdoti e spogliarelliste e tra rosari e social d’incontri, Carlo Verdone da vita ad un vero e proprio capolavoro. In questa sorta di commedia all’italiana capovolta che invece di nascondere i vizi della società, li palesa senza nessun ritegno, Benedetta follia diventa un faro sulla nostra realtà quotidiana nascondendo, tra le ceneri della nostra sporcizia, la fiducia per un futuro migliore. Tra tradimenti, droghe e squallidi incontri si fanno largo con ironia e piccoli gesti l’amicizia, l’amore e la speranza.

Dopo un breve prologo, ambientato venticinque anni prima, il film si apre con una scena (che non vi svelerò!) squisitamente verdoniana, sintomo del legame profondo con Alberto Sordi. La trama vede Guglielmo Pantalei, il personaggio interpretato dal regista, come titolare di un negozio che vende arte sacra.

benedetta follia-recensione-monlawQuando la moglie lo tradisce con la sua commessa dopo 25 anni di matrimonio apparentemente felice, la sua vita, che credeva così perfetta, si sbriciola come un biscotto costringendolo alla solitudine. Tutto cambia quando nella sua depressione quotidiana irrompe Luna, giovane e stravagante ragazza romana, che si candida per il ruolo di commessa nel negozio di Guglielmo nonostante il suo aspetto e i suoi modi facciano pensare più alla lap-dance che alle navate di una chiesa. Questa benedetta follia ridarà al sessantenne la voglia di andare avanti e la speranza in una vita migliore.

“Io ci sono”, afferma ad un certo punto della storia Guglielmo, riconoscendo l’importanza di vivere veramente, intensamente e profondamente. In questo meraviglioso carpe diem all’italiana, frutto del suo 26esimo film da regista, attore e sceneggiatore, Carlo Verdone mette in scena la propria malinconia esponendo pubblicamente paure e fantasmi tipici della classe media. Con scene alla “Harry ti presento Sally”, con qualche gag da cinepanettone e con un trip psichedelico coreografato da Luca Tommassini, il regista ci regala qualcosa all’altezza dei migliori capolavori di Nanni Moretti.

La ciliegina sulla torta di tutto questo è sicuramente Ilenia Pastorelli che, dopo il David di Donatello per Lo chiamavano Jeeg Robot, ha dato prova una seconda volta di avere una grande potenziale come attrice. Il suo ruolo di eroina fuori dagli schemi ricorda in parte il personaggio di Omar Sy in “Quasi Amici”: spiritosa, ingenua e squisitamente dolce. Trascinando Guglielmo nel mondo dei giovani e dei social network più assurdi, lo aiuta a riscoprire il suo lato giovanile che da tempo aveva perduto.

benedetta follia-recensione-monlawIn poche settimane stravolge completamente la sua vita iscrivendolo a “Lovit”, un’ app per trovare l’anima gemella che lo inizierà agli incontri più strani e imbarazzanti: dalla logorroica e ipocondriaca Raffaella (Paola Minaccioni), alla sexy e conturbante Adriana (Francesca Manzini), fino alla pacata Ornella (Maria Pia Calzone).

Rischiando spesso di cadere in qualcosa di già visto, Benedetta follia riesce comunque a rimanere in piedi e a diventare, con la perfetta combinazione di ironia e malinconia, l’amara parabola di un uomo solo che ha superato da un pezzo la mezza età e si ritrova disilluso, stanco e senza il coraggio di sognare.

L’unica cosa che gli si potrebbe obiettare è un finale troppo consolatorio che lui stesso definisce “un grande abbraccio” a se stesso, alla sua Roma e a noi spettatori per ricordarci che qualche benedetta follia, di tanto in tanto, renderebbe la nostra vita molto meno noiosa.

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