#Titolo: Due cadaveri senza nove
#Autore: Karen Katchur
#Pagine: 320
#Casa Editrice: Newton Copton
#Prezzo: 9,90€
Carissimi, ben trovati! Eccomi ancora qui a parlarvi di una delle mie ultime letture.
Una piccola città di Portland in Pennsylvania, una donna, due uomini e due macabri omicidi, attuati con modalità simili, ma perpetrati a distanza di circa vent’anni l’uno dall’altro: questi sono i personaggi e i fatti intorno ai quali ruota la trama di Due cadaveri senza nome, il thriller pubblicato recentemente dalla Newton Copton Editori.
“La guardava.Becca non aveva bisogno di vederlo per capire che era lì; semplicemente riusciva a percepirlo, a sentire il peso del suo sguardo, a rendersi conto di avere i suoi occhi addosso mentre correva per il sentiero che costeggiava il fiume.”
Dopo un periodo di lontananza, Becca, la protagonista della storia, torna al paese d’origine per stare vicino al padre gravemente malato, ex capo della polizia, con il quale vive da sempre un legame contradditorio e pieno di incomprensioni.
È l’occasione per prendersi anche una pausa da una situazione sentimentale frustrante e nella quale fatica sempre più a riconoscersi. L’incontro con un amico d’infanzia, infatti, contribuisce ancor di più a mettere la sua vita affettiva in discussione, inducendola a cercare in sé risposte a domande da tempo accantonate.
È in questo contesto che si sviluppano le indagini riguardo a un cadavere brutalmente seviziato, ritrovato sull’argine del fiume che attraversa il paese.
“Si tirò a sedere sul letto. Gli martellava la testa e vedeva la stanza sfocata. Gli ci volle qualche secondo per aggiustare la vista.
Quando fu ragionevolmente convinto di riuscire a stare in piedi senza cadere, poggiò i piedi sui jeans che stavano a terra e se li infilò. Tornò a guardare la ragazza nel letto. Aveva lividi sulle braccia e uno grosso quanto un pugno sulla coscia. Gesù, era stato forse lui a farglieli? Non gli pareva possibile, ma non riusciva a ricordare nulla.”
Ho letto questo romanzo tutto d’un fiato, riscontrandovi una scrittura piacevole e una narrazione fluida. L’evoluzione della trama comprende salti temporali frequenti che contribuiscono ancor di più a infittire il mistero su ciò che lega i due omicidi. I ricordi dei protagonisti sono strumento di approfondimento che, in modo lento e sapiente, ci portano allo svelamento della verità.
Le descrizioni delle ambientazioni godono di ampio spazio: ricche di colori e di suoni, permettono facilmente al lettore di immaginare i boschi e i corsi d’acqua che fanno da sfondo alla storia e ai fatti che si susseguono. Anche la protagonista Becca è caratterizzata con cura e in modo approfondito, sia fisicamente che psicologicamente. L’autrice, pagina dopo pagina, ci regala il suo percorso emotivo e personale, delineandone pensieri e tormenti interiori in modo credibile e coerenti con le vicende che le accadono.
Molto intenso e coinvolgente è tutto il vissuto di rancore e di rabbia che il rapporto col padre morente le attiva. In questo momento tanto delicato, sentimenti faticosi creano un forte contrasto tra il bisogno di capire e quello di perdonare.
La stessa cura narrativa l’ho riscontrata nei confronti di John, personaggio maschile rilevante per le sorti delle indagini, che si distingue dagli altri per il carattere ruvido e complesso: il legame con il proprio passato, il senso di mancanza e di vuoto che lo pervadono in alcuni momenti, lo scoprono fragile e solo, anche laddove mostri atteggiamenti spesso duri e respingenti.
La figura paterna che ci viene presentata nel romanzo ha focalizzato particolarmente la mia attenzione. Clint, padre di Becca, e Russell, genitore di John, sono due padri per alcuni versi molto simili tra loro. Nella durezza e nel conflitto che agiscono con i propri figli, ci manifestano la loro interpretazione della paternità, dove la costruzione della relazione avviene attraverso l’esperienza del dolore, del rimpianto e del senso del dovere in senso estremo.
Ciascuno interpreta il proprio ruolo di genitore responsabile in modo diverso, dandoci modo di osservare e di riflettere sugli effetti che alcune loro scelte provocano nel tempo.
A parte questi, gli altri personaggi coinvolti nella storia mi sembrano purtroppo meno delineati, piuttosto stereotipati e un po’ scontati, finendo per perdere di spessore e di peso specifico all’interno della trama.
“Lei non si era accorta che la stava seguendo. Non lo aveva notato, almeno fino a quando lui non aveva deciso il contrario, accostandosi alla Jeep. Quel gesto voleva essere un avvertimento. Ti tengo d’occhio, avrebbe voluto dirle.”
L’autrice ci offre sicuramente un thriller interessante, con un buon livello di pathos e un finale a sorpresa capace di catturare il pubblico. È necessaria un’attenzione continua anche ai particolari, per riuscire a sbrogliare la matassa di fili sottili che rende ardua la comprensione dei fatti. È infatti tutt’altro che immediato stabilire dove si trovi la linea ideale che separa il colpevole dall’innocente.
Credo sia un libro accattivante per gli amanti della suspense, soprattutto quella mentale, che ti fa perdere nella curiosità di sapere e nel tentativo di ricomporre i pezzi apparentemente incompatibili tra loro.
Due cadaveri senza nome è un racconto dai risvolti inaspettati che, a tratti, lasciano l’amaro in bocca e muovono un senso di pietà e di empatia, perché alla fine non sempre è il cadavere l’unica vittima che lascia il proprio sangue sul campo.
Detto questo, attendo con ansia i vostri pareri e vi auguro, come sempre, buona lettura.
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