#Titolo: L’Amore e gli stracci del tempo
#Autore: Anilda Ibrahimi
#Pagine: 259
#Casa Editrice: Einaudi Editore
#Prezzo: 11,40€
Anni ’90: Zlatan (serbo) e Ajkuna (albanese) sono molto amici sin da bambini. Negli anni ’70, infatti, Milos, padre di Zlatan, era professore universitario nella facoltà frequentata dal padre di Ajkuna, Besor, il quale nel 1981 finisce in prigione dopo aver partecipato a una manifestazione di protesta contro le discriminazioni serbe nei confronti degli albanesi. La prigionia rafforza i rapporti tra le famiglie, tanto che i due giovani sembrano destinati a condividere per sempre la vita.
Il passato ti segue ovunque. Sembra non avere una strategia precisa, sembra non volerti rubare nulla. In apparenza. Quando ti trova ti guarda con i tuoi stessi occhi.
Come in questo romanzo, così anche nella nostra quotidianità è proprio il tempo il solo, unico e vero governatore. Esso ci aiuta a guardare la vita con occhi diversi, crea legami nuovi e rompe tutto ciò che non ha più ragione di restare unito, regala nuove strade da percorrere e ti mostra come farlo; ma la verità è che il signor Tempo è soprattutto il peggiore dei nemici: non ti lascia mai veramente libero.
Lo sanno bene tutti i protagonisti de L’amore e gli stracci del tempo, romanzo della scrittrice albanese Anilda Ibrahimi: anche per i più giovani è stata una fatica (ri)costruirsi dalle macerie della guerra del Kosovo.
La Ibrahimi non è nuova a tematiche riguardanti le vicende dei Balcani; diversamente da come era stato per il suo primo romanzo, Rosso come una sposa, – che se anche non fosse autobiografico, affrontava comunque vicende che ella conosceva in prima persona – in questo nuovo lavoro, l’autrice torna nella sua terra natia, questa volta non toccando vicende personali, ma presentando al mondo la complessità di un territorio in cui essere parte di una minoranza etnica è forse più complicato che in altre parti del mondo.
Non finirà mai Besor. Mai. Voi cercherete di fare a noi quello che noi abbiamo fatto a voi, e così all’infinito. Com’è sempre stato
Lo scontro tra serbi e kosovari e la guerra iniziata nel 1991 con la morte del maresciallo Tito, però, non sono certamente gli unici temi di questo romanzo. Se è vero che inizialmente la guerra avrebbe dovuto fare da sfondo a una grande storia d’amicizia e d’amore che in corso di stesura del lavoro ha lasciato spazio al racconto delle devastazioni provocate dalla guerra stessa, il vero tema portante è l’amicizia, un’amicizia che non ha per protagonisti Milos, Besor o i loro figli, quanto piuttosto il signor Tempo, l’unico capace di fare delle vite di ognuno ciò che crede.
I luoghi si trasformano, dalla loro hanno il tempo, quel tempo che manca agli uomini.
Con uno stile diretto che non fa ricorso a inutili giri di parole, Anilda Ibrahimi mette in chiaro che la serenità in una terra come la sua è questione di attimi, ma che il suo è un paese che non ha mai abbandonato la speranza di poter ricominciare, lasciando indietro i dolori vissuti e i segni che essi hanno lasciato.
Riguardo la scrittura della Ibrahimi, la professoressa Giuditta Casale sul suo blog Giudittalegge.it, scrive: “Una capacità ricca di sfumature di raccontare le proprie radici, di scandagliare la psicologia dei personaggi con levità, di toccare corde profonde dell’anima dei lettori”.
In effetti, avevo preso in mano questo libro più o meno un anno prima rispetto a quando, poi, l’ho effettivamente letto. La prima volta, a dirla tutta, mi sono fermata solo dopo poche pagine. Probabilmente non ero pronta per un racconto come questo o forse non ho avuto subito la capacità di intuire la vera profondità di questo testo, profondità che non è percepibile al primo sguardo. Di fatto siamo di fronte ad un romanzo da leggere con l’anima, in grado di offrire diversi spunti di riflessione.
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