Fantasy Island- i desideri si trasformano in un incubo

fantasy-island-2020-recensione

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Fantasy Island è un horror del 2020, diretto da Jeff Wadlow (Obbligo o Verità?), che vede tra i suoi produttori Jason Blum (Get Out, The Purge) e la Blumhouse, casa di produzione che negli ultimi dieci anni ha reinventato il brivido americano sul piano produttivo e commerciale, ottenendo grandi risultati al botteghino con prodotti orrorifici d’intrattenimento a spese volutamente contenute.

Il film è il remake in chiave horror dell’omonima serie TV (nota in Italia come Fantasilandia) che andò in onda dal 1977 al 1984 con ben 7 stagioni e 154 episodi da 45 minuti. La storia del serial ruotava intorno all’isola del titolo, gestita dal misterioso Mr. Roarke (Ricardo Montalbán) con l’aiuto dell’assistente Tattoo (Hervé Villechaize).

A pagamento, i visitatori potevano esprimere qualunque desiderio, a una sola condizione: una volta avveratasi, la fantasia doveva raggiungere la propria conclusione naturale. Questo significava, il più delle volte, che le scelte degli ospiti avevano conseguenze non del tutto positive, dalle quali i diretti interessati imparavano qualcosa di importante sul piano morale. Roarke era solito intervenire qualora le cose degenerassero in modo eccessivo, ma non ci fu mai alcuna spiegazione circa la sua natura o quella dell’isola; lo stesso Montalbán, intervistato a riguardo anni dopo la chiusura dello show, disse di aver avuto una sua teoria personale, in base alla quale Roarke era un angelo caduto e l’isola una sorta di Purgatorio.

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Nel film non c’è alcuna dimensione propriamente metafisica, ma ci troviamo comunque su un’isola misteriosa in cui i sogni diventano realtà.  A “sorvegliare” questo luogo troviamo solamente Roarke (Michael Peña) che, all’inizio della pellicola, accoglie nel suo bellissimo resort un gruppo di sei ospiti (tra cui Lucy Hale, Maggie Q e Ryan Hansen), tutti vincitori di un concorso.

A ognuno di loro è concesso un desiderio: ciò che vogliono di più al mondo sta per diventare realtà. C’è chi vuole rivivere un momento importante, chi vuole sentirsi un eroe, chi vuole vendicarsi di un bullo dei tempi del liceo. Come nella serie originale, la regola è una sola: quando la fantasia si avvera, essa deve raggiungere la sua conclusione naturale. Conclusione che però si rivela essere poco piacevole, come suggeriscono il misterioso liquido nero che gocciola nell’albergo e l’uomo che si aggira furtivo nella giungla (Michael Rooker). E se alcune fantasie non fossero fatte per avverarsi? E se ciò che desideri diventasse improvvisamente il tuo peggior incubo?

Questo adattamento fedelmente infedele, con tanto di riflessione – un po’ distorta- sulla moralità, cerca di fondere, in modo confuso e approssimativo, all’interno del genere principale (l’horror), una serie di altri generi cinematografici che fanno da cornice a ogni singolo personaggio. A seconda della fantasia, infatti, lo spettatore si ritrova sballottato da una commedia a un drammatico, fino ad un action.

In un continuo mescolarsi di storie, dato dal montaggio alternato, il risultato è una grande confusione stilistica. Questo è il problema di Fantasy Island: la volontà di riunire a sé più generi per piegarli all’horror. Un nobile tentativo dalla riuscita maldestra, dove nemmeno il doppio colpo di scena riesce a salvare una situazione fin troppo carica di molti buoni sentimenti e pochissima paura.

Fantasy Island fa quindi acqua da tutte le parti a causa di una sceneggiatura inutilmente contorta che fa i propri comodi con le regole dell’isola (e qui il paragone con le scelte narrative più frustranti di Lost, che è un discendente indiretto della serie originale, è inevitabile).

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Per gran parte della pellicola, assistiamo a una serie di cliché canonici dell’horror convenzionale, che hanno il problema di essere gestiti nel peggiore dei modi. Difficile trovare una sequenza che faccia effettivamente sobbalzare dalla poltrona. Anche quando la tensione viene costruita ed è pronta ad esplodere, c’è sempre qualcosa che tronca la paura.

La componente horror è più suggerita che mostrata e non vira mai sullo splatter: sembra a tratti di trovarsi in un videogame d’avventura, in un murder mystery con elementi soprannaturali, o nel classico horror per adolescenti in cui non si capisce chi è in buona fede e chi invece è in combutta col male. La differenza principale dall’ispirazione originale è la personalizzazione dell’isola, che agisce in virtù di incogniti poteri ricreando realtà pericolose e letali.

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Nonostante la fotografia e la location siano sicuramente da apprezzare, Fantasy Island appare piatto, confusionario e privo di phatos. A non aiutare, c’è sicuramente una sceneggiatura poco accattivante e dei personaggi poco interessanti.

Tra gli attori- che nonostante siano tutti protagonisti, con questo continuo balzo dall’uno all’altro, sembrano solo personaggi secondari- spicca certamente Lucy Hale, l’unica ad avere un ruolo strutturato che riesce a portare a casa senza infamia e senza lode.

Per concludere, Fantasy Island, così come molti altri horror usciti di recente, è un film di paura che non fa paura, con una trama inutilmente contorta e una deludente conclusione.

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Sono Laura Montagnani, classe 1997, e sono laureata in Marketing e Comunicazione alla Bocconi di Milano. Appassionata di cinema, divoratrice di libri, cittadina del mondo ... alla ricerca del mio posto nel mondo.