Kaos- Un’iconica e sbalorditiva black comedy “divina”

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Kaos, serie tv Netflix: trama

Nel 2018, dopo che debuttò su Prime Video American Gods, una serie che calava gli dèi nordici nella realtà contemporanea, Netflix annunciò le riprese di KAOS, una serie originale in 8 episodi che avrebbe visto protagonisti gli dèi greci e i personaggi della mitologia greco/romana.

Questa geniale serie tv ci offre una reinterpretazione in chiave moderna e ironica di alcuni dei miti più famosi e dei personaggi più iconici. Il racconto si svolge in un momento indefinito dell’attualità (dagli abiti e dalle macchine si potrebbe supporre intorno agli anni 90) e si sviluppa su tre piani narrativi: l’Olimpo, l’isola di Creta e gli Inferi. Il passaggio dal primo all’ultimo avviene attraverso una successiva desaturazione dei colori. Infatti, se sull’Olimpo troviamo tinte sgargianti e luminose, il mondo dei mortali è molto più realistico e opacizzato, fino al mondo dei morti, rappresentato in bianco e nero.

In questa realtà, mossa da profezie e dèi capricciosi, Zeus (Jeff Goldblum), dall’alto del suo scintillante Olimpo, si ritrova alle prese con dei piccoli cambiamenti che sembrano preannunciare la sua imminente rovina. Nonostante i tentativi della moglie Era (Janet McTeer) e dei fratelli, Ade e Poseidone, di placare la sua ira, Zeus scatena guerre e catastrofi naturali affinché gli umani tornino a temerlo – e venerarlo- dopo un oltraggio subito durante la festività di Olympia in onore della sua famiglia immortale.

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Così, mentre tutti cadono preda dei capricci del re degli Dei, la sua più grande paura comincia ad avverarsi, così come la profezia che lo accomuna a tre semplici mortali: Euridice (Aurora Perrineau), Ceneo (Misia Butler) e Arianna (Leila Farzad), la figlia del re Minosse.
A condurci nel cuore delle vicende è Prometeo (Stephen Dillane), il grande ribelle che osò sfidare Zeus offrendo agli umani il fuoco sacro con cui combattere le divinità. Prometeo è la voce narrante che ci spiega i meccanismi della serie, presentandoci i personaggi e legandoli gli uni agli altri in vista dell’obiettivo finale. Una voce necessaria, che accende la miccia dei ricordi su miti di cui sappiamo già alcune vicende.

Ed è proprio su questo fattore che gioca la serie: i personaggi non vengono mai raccontati fino in fondo perchè si da per scontato che lo spettatore sappia già, almeno a grandi linee, quale sia il loro destino e ci tiene sulle spine fino allo scoprire se le trame originali verranno messe in scena o se la vita dei protagonisti di questa storia prenderà una piega diversa.

Una cosa è certa, Kaos crea legami completamente nuovi tra i personaggi della mitologia, da una lettura diversa alle connessioni amorose e lascia spazio, con molta astuzia, alla futura introduzione di nuovi personaggi.

Per tutto ciò che vi ho appena raccontato, Kaos è una serie caotica. Si sposta costantemente da un piano all’altro, i dialoghi sono tendenzialmente brevi e le scene piuttosto veloci. Introduce un personaggio e poi ribalta il punto di vista dello spettatore. Segue la traversata di Orfeo negli Inferi per salvare la sua musa ispiratrice e accompagna Dioniso (Nabhaan Rizwan) nel suo percorso di affrancamento alla figura paterna. Ci fa conoscere le Tacite, le Amazzoni, le Erinni e le Moire.

Attinge dal grande calderone della mitologia greca per attualizzare le antiche leggende e alleggerirle, privandole di quell’aura di sacralità di cui sono naturalmente rivestite. Prende personaggi e li incastra tra loro dandoci un punto di vista diverso su storie che abbiamo già sentito migliaia di volte. È un grande centrifugato che, se non si bada alla precisione mitologica, funziona alla perfezione.

Recensione della serie tv Netflix Kaos

Creata dal genio di Charlie Covell (The End of the F***ing World), Kaos si distingue per l’ottimo livello d’intrattenimento e per un cast che non passa inosservato. Gli attori, soprattutto quelli che impersonano gli dei, sono assolutamente accattivanti e verosimili. I primissimi piani ne risaltano la mimica facciale e ci trasportano nelle loro emozioni.

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Il tono leggero e scanzonato di Kaos non cade mai nel banale e rende la visione estremamente piacevole e scorrevole. La scrittura brillante e il ritmo dinamico permettono allo spettatore di immergersi senza difficoltà nelle storie intrecciate dei vari personaggi, mantenendo sempre un equilibrio tra dramma e commedia. La scrittura, affilata e impeccabile, è accompagnata da una bella fotografia che regala un ampissimo spettro di inquadrature: da primissimi piani fino a lunghissime panoramiche.

Kaos però è anche molto di più. La serie racconta l’eterna divisione fra coloro che credono nel destino e coloro che invece pensano di poter determinare il proprio. Profezie contro autodeterminazione. Fato contro libero arbitrio. Aspettare che si compia il proprio destino o prenderne in mano le redini e costruire la propria vita.

Qualunque sia la scelta, ciò che da sempre viene insegnato all’essere umano è che le buone azioni verranno premiate mentre quelle cattive non resteranno impunite. Ed è qui che Kaos arriva come un fulmine a ciel sereno. La visione della morte richiama fortemente le credenze della mitologia classica, ma le sovverte, ponendo interrogativi sulle certezze della vita dopo la morte.

L’oppio dei popoli di qui parlava Karl Marx non è qui la religione, perchè gli dei esistono e intervengono costantemente nella vita degli esseri umani, ma piuttosto l’illusione di un aldilà che offra seconde possibilità, la speranza di ottenere di più in una nuova vita per il bene lasciato in quella precedente. Ed è proprio qui che Kaos arriva come un pugno nello stomaco, urlandoci in faccia che la reincarnazione è una bufala!

Non c’è una seconda occasione, solo il grande e gigantesco nulla perchè ogni anima, invece di essere rimandata sulla terra, diventa nettare per gli dei, un elisir di lunga vita per mantenerli immortali. Per rendere il messaggio ancora più forte ed efficace, Kaos attinge ad una lunga serie di pezzi iconici e immortali: da Blue Oyster Cult, David Bowie, Dire Straits fino a ABBA, Paul Simon, Judy Garland e tanti altri. Senza dimenticare il brano originale di Killian Scott, l’interprete di Morpheus: Eurydice.

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Tuttavia, “Kaos” non è esente da difetti. Uno dei principali problemi risiede nella confusione che si crea tra i nomi e le figure della mitologia greca e romana. La serie sembra giocare con queste due tradizioni, a volte mescolandole senza una chiara distinzione. Alcuni personaggi sovvengono completamente alla loro caratterizzazione classica, in particolare Era che, da rappresentazione classica dell’amore fedele, finisce per diventare una moglie fedifraga e bugiarda.

Inoltre, la rappresentazione del mondo umano lascia alcune domande senza risposta. Non è chiaro in quale periodo storico ci si trovi, né come sia organizzato il mondo in cui questi Dei vengono venerati. La serie si concentra esclusivamente sull’isola di Creta, senza mai esplorare cosa accada nel resto del mondo.

Altro elemento che lascia un po’ a desiderare, è l’assenza della maggior parte dei figli di Zeus. Fatta eccezione per Dioniso, i suoi fratellastri vengono a malapena accennati, ma non partecipano minimamente alle dinamiche famigliari. Confido che questa sia solo una strategia per inserire nuovi personaggi di stagione in stagione.

In conclusione, “Kaos” è una serie divertente e avvincente, che riesce a rivitalizzare la mitologia classica con un tocco di modernità e humor. È un racconto sprezzante, dai temi delicati e dai molteplici livelli di lettura… il modo perfetto per trascorrere le prime serate autunnali che stanno bussando alla porta.

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Sono Laura Montagnani, classe 1997, e sono laureata in Marketing e Comunicazione alla Bocconi di Milano. Appassionata di cinema, divoratrice di libri, cittadina del mondo ... alla ricerca del mio posto nel mondo.