Mufasa: il re Leone – nessuno nasce cattivo

Mufasa: il re Leone

  • TITOLO: Mufasa: Il re Leone
  • GENERE: Azione, Avventura, Drammatico, Famiglia, Musical
  • ANNO: 2024
  • REGIA: Barry Jenkins
  • ATTORI: Blake Lively, Justin Baldoni, Brandon Sklenar, Jenny Slate, Isabela Ferrer, Alex Neustaedter
  • DURATA: 118 Min

I live-action Disney suscitano da sempre un grande scalpore e degli accesi dibattiti. Si va a rilavorare un elemento cardine della nostra infanzia, qualcosa che abbiamo visto e rivisto, che è diventato parte della nostra identità. Per questo motivo, spesso si scaldano gli animi e ci si sente colpiti nel profondo quando i live-action appaiono solo come una macchina per fare soldi.

Ci sentiamo fregati e presi in giro, traditi da quel film che avrebbe dovuto ridarci, anche solo per un’ora, la spensieratezza della nostra infanzia. Questa è la ragione per cui i live-action dei classici Dinsey sono quasi sempre un flop totale, soprattutto se quello che mettono in scena è un banale copia e incolla della versione originale, aggiungendoci qualche personaggio famoso e qualche musichetta nuova che non riesce mai ad essere all’altezza di quelle dell’originale.

Questo è ciò che successe con Il Re Leone di John Favreaou, ma che non accade nel suo prequel Mufasa, diretto da Barry Jenkins. Questa volta infatti ci troviamo di fronte a una storia inedita che va a completare il racconto generazionale su cui il primo film Disney si basa, ovvero la storia di Simba, dei suoi antenati e di quel cerchio della vita che include ogni essere vivente della savana.

L’espediente narrativo per raccontare la vita del grande Mufasa ha origine nel secondo capitolo del cartone animato e vede al centro della storia Kiara, la primogenita di Simba e Nala, che, rimasta in balia delle non capacissime zampe di Timon e Pumba, due babysitter piuttosto improvvisati, si ritrova ad ascoltare il vecchio Rafiki che le racconterà le temerarie gesta di suo nonno Mufasa: un’avventura che trasformerà il suo progenitore da emarginato a sovrano della rupe.

Mufasa: il re Leone

Il narratore “esterno” ci trasporta indietro nel tempo a quando Mufasa, ancora cucciolo, venne separato da suoi genitori e trascinato da un’inondazione in un territorio gestito da un branco di leoni. A salvarlo dalle acque sarà Taka, figlio del re di quel luogo, un leoncino suo coetaneo, che si batterà per far sì che il nuovo arrivato non venga eliminato dagli altri membri del branco. I due cresceranno insieme, fianco a fianco, come dei veri fratelli di sangue, ma quando un branco nemico attaccherà il loro territorio, i due giovani leoni saranno costretti a scappare alla ricerca di un nuovo luogo da chiamare casa.

Con un branco di leoni bianchi alle calcagna, Mufasa e Taka compiono un lungo viaggio alla ricerca di Milele, una sorta di terra promessa, creando nel tragitto un improbabile squadra che presto diventerà la loro famiglia: la leonessa Sarabi, il pennuto Zazu e il mandrillo Rafiki.

Mufasa: la recensione del live-action prequel de Il re Leone

Mufasa: Il Re Leone parte dal racconto generazionale e dal classico viaggio di formazione per poi sviscerare una serie di tematiche nuove e ben più profonde. Nella storia del famoso re riconosciamo il dolore e la confusione di chi cerca un luogo sicuro, la sofferenza di chi viene guardato con diffidenza e timore solo perché originario di terre lontane.

Il viaggio di Mufasa è per la salvezza propria e di chi gli è caro, un peregrinare irto di pericoli, che profuma di libertà, ma che ricorda l’importanza di una stabilità affettiva prima che materiale, di una ricchezza che viene solo e soltanto conoscendo l’altro e riconoscendone diversità, pregi e capacità.

Mufasa: il re Leone

La nuova favola Disney parla di fratellanza e di ricerca di se stessi negli occhi degli altri. La storia di Mufasa ci dimostra che ciò che siamo dipende per lo più da ciò che ci è stato insegnato, dalle influenze che abbiamo ricevuto e dalla persone che da sempre ci circondano. Il punto focale è che nessuno nasce re o cattivo, ma lo diventa col tempo.

Il grande Albus Silente diceva “Non sono le nostre capacità a dimostrare quello che siamo, sono le nostre scelte”. Spesso però le nostre decisioni sono dettate da ciò che abbiamo appreso dagli altri. È il caso di Taka, conosciuto da noi come Scar, figlio di un padre crudele e di strette vedute, che lo ha convinto sin da cucciolo di meritare il mondo solo per diritto di nascita. Ma la vita gli insegnerà che niente viene regalato e che, per essere un vero re, c’è bisogno di coraggio e di nobiltà d’animo, non di sangue reale.

Scar è cresciuto in una bolla senza meritocrazia che esplode nel momento esatto in cui incontra Mufasa per la prima volta. La contrapposizione tra i due è, a mio parere, scritta molto bene e funziona soprattutto nel primo atto. Per onestà intellettuale, devo specificare che ho una naturale predilezione per le bromance: Il principe d’Egitto, per esempio, al di là dell’ovvio significato biblico, è un film d’animazione riuscito grazie anche alla contrapposizione interessante tra Mosé e Ramses, che ti porta a vederli giocare insieme prima e li trasforma in rivali poi.

Anche Mufasa ha una bromance simile, anche se, sapendo già come andrà a finire la storia, lo spettatore non riesce realmente a godersi l’evoluzione del loro rapporto, ma prova una voglia assordante di scoprire come Taka sia diventato Scar. Quando ciò accede, fa veramente male, non tanto perché, seguendo il principio del “nessuno nasce cattivo” hanno fatto di Scar un santo – come è successo in Maleficent -, quanto perché un po’ lo riusciamo a capire e ci dispiace per lui.

Mufasa: il re Leone

Mufasa non ha “colpe”: è lui quello che merita davvero di essere re – se con ciò intendiamo qualcuno capace di proteggere e unire le persone. Scar arriva sempre secondo, rimane sempre nell’ombra e induce lo spettatore all’empatia. Sa di deludere suo padre e di non essere all’altezza del ruolo che pensava di dover ricoprire.

Non è “cattivo e basta”, ma diventa cattivo perchè manca di forza d’animo per mettere da parte l’invidia, i complessi di inferiorità e per saper fare un passo indietro per il bene comune e di fronte all’evidenza. Scar non è coraggioso e questo lo porterà alla rovina.

É proprio in tutto questo che il live-action di Mufasa riesce alla grande: ha una trama profonda, elaborata e ben pensata. Ciò, a mio parere, non si può dire purtroppo per i dialoghi. Infatti, al contrario dello sviluppo della storia, in cui ho ritrovato un’anima profonda, quasi alla pari dell’originale, i dialoghi tra i personaggi risultano “artificiosi” e poco realistici. Se la storia ti catapulta in un altro mondo, i dialoghi te ne sbattono fuori, riportandoti alla realtà: stai solo guardando un film.

Rispetto anche al cartone animato del 1998, le “battute” sono molto più infantili. Persino le perle di saggezza di Rafiki non risuonano nel cuore come facevano un tempo… per non parlare della banalità dei dialoghi tra Timon e Pumba.

Mufasa: il re Leone recensione live action

Stesso discorso vale per le musiche. Non so quando di preciso la Dinsey abbia smesso di utilizzare le musiche per trasmettere emozioni e abbia cominciato a trasformarle in un momento “musical”, ma questa cosa deve finire. Mi spiego meglio: nei cartoni animati, le canzoni non erano uno strumento per far proseguire la narrazione, ma piuttosto un modo per analizzare le emozioni dei personaggi, rendendole più chiare al pubblico. Nel musical, al contrario, il momento musicale serve portare avanti la narrazione. Mentre i personaggi cantono, ci vengono fornite nuove informazioni e la storia non si ferma, ma va avanti. Ciò lega indissolubilmente le canzoni alla pellicola, dando loro una ragion d’essere solo all’interno di quel contesto e di quell’esatto momento.

A compensare questa aridità emotiva musicale, ci pensa una tecnica CGI fotorealistica meravigliosa, con dei fotogrammi potenti e bellissimi. I movimenti degli animali sono ricreati alla perfezione così come i paesaggi attraversati dai protagonisti. I colori e i diversi habitat sono emozioni allo stato puro.

Anche il doppiaggio non è stato deludente, al contrario, lo ho trovato più credibile del primo live-action. Nota di merito per Elodie, perfetta nei panni della leonessa e decisamente più nel personaggio di Marinelli e Mengoni.

In conclusione, penso che Mufasa sia un film riuscito, un prequel interessante che dimostra come, attraverso la favola Disney, si possano ancora raccontare tematiche importanti tenendo la leggerezza ma evitando la superficialità. Ammetto di non essere impazzita per la scelta di incorniciare il film all’interno di una narrazione orale, ma capisco l’esigenza di affiancare alla tragedia un poco di farsa, e di non voler rinunciare a personaggi tanto amati dal pubblico.

Leggi anche: Il re Leone (2019)

REVIEW OVERVIEW
Regia:
Sceneggiatura:
Musiche:
Fotografia:
Doppiaggio:
Sono Laura Montagnani, classe 1997, e sono laureata in Marketing e Comunicazione alla Bocconi di Milano. Appassionata di cinema, divoratrice di libri, cittadina del mondo ... alla ricerca del mio posto nel mondo.